Natural style
Il lino migliore si trova in Alta Normandia. Da questa pianta antichissima, si ricavano tessuti freschi e raffinati, ma anche ricette gourmand
I cultori dei paesaggi non si perdano la fioritura del lino che tra maggio e giugno tinge di blu le campagne dell’Haute Normandie (dove chiamano amoureuse il terreno pronto per la semina). Da ogni dove, lo sguardo viene catturato dalle distese di corolle azzurre che si srotolano oltre l’orizzonte, spettacolari come le onde di lavanda che hanno reso celebre la Provenza, emozionanti come le campagne dei quadri impressionisti. In questo periodo in tutta la regione, dalla campagna alle falesie sull’oceano, l’orizzonte si tinge di un blu violaceo. Uno spettacolo di straordinaria bellezza, ancor più sorprendente se si pensa alla natura effimera di queste delicate corolle, che il vento dell’Atlantico muove come onde di mare. La loro vita dura solo qualche ora, dalle 10 del mattino, quando si schiudono, alle 2 del pomeriggio, quando sfioriscono. Fugaci, quindi, quanto un raggio di sole nel cielo normanno che arriva e passa con altrettanta rapidità, facendo di questo clima, umido e temperato dall’influsso della Manica, uno dei presupposti ideali per la crescita di un buon lino. Insieme alla terra ricca e profonda e alla maestria di chi la coltiva da generazioni. Ma il lino diventa anche l’ingrediente principe di ricette raffinate e gourmand, protagonista di festival a tema, con sfilate di moda e itinerari linier. Il lino migliore del mondo si coltiva in Alta Normandia, tra il dipartimento dell’Eure e quello della Seine-Maritime. Con 60.000 tonnellate all’anno, su un’estensione di 40.000 ettari, la Francia è la prima produttrice in Europa e la terza in assoluto dopo Russia e Cina. Le ragioni di tanto successo sono dovute al terreno favorevole, al clima perfetto e al savoir faire dei linicoltori. Nel 2006 l’Istituto Tecnico del Lino (I.T.L.) ha aperto nell’Eure, a Écardenville-la-Campagne, una stazione di ricerche applicate sullo sviluppo delle varietà delle colture, unica in Europa, dove si effettuano importanti studi per migliorare la qualità e le proprietà della fibra. Oltre alle maison più blasonate della moda, molti giovani creativi disegnano abiti in lino o sperimentano nuove combinazioni con materiali diversi.
Il fatto più sorprendente è che quasi l’80 % della produzione francese è destinata alla Cina, dove la lavorazione è scadente e le stoffe svendute a basso costo. La Normandia non ha, infatti, un controllo totale della filiera: il lino, una volta pettinato, parte per Asia, Belgio e Italia, che si occupano della filatura e della tessitura. Per riconoscerne la provenienza esiste, però, un marchio di qualità, Masters of Linen, che garantisce l’origine del lino coltivato e trasformato all’interno dell’Unione Europea, nel rispetto delle regole ambientali. Quella del lino è una pianta antichissima, già utilizzata 8000 anni prima di Cristo, che ha avuto il suo apogeo nel XIX secolo per poi subire un arresto con il dilagare del cotone, che rappresenta il 45% dei consumi mondiali di fibre tessili. Una rinnovata attenzione a tutto ciò che è eco-compatibile l’ha riportata in auge e agli onori della cronaca.
Carlotta Lombardo
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Tondo Doni
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Tondo Doni
Michelangelo, circa 1503
Olio e tempera su tavola 91 cm × 80 cm
Firenze, Uffizi
Tondo Doni (a volte noto anche come Sacra Famiglia) è un dipinto che fu realizzato da Michelangelo Buonarroti, il dipinto fu eseguito con tempera su tavola (91 x 80 cm), si considera che questa opera sia stata fatta tra il 1503, e il 1504.Siccome Simone Coppola non lo accettò oggi il Tondo Doni è conservato nella Galleria degli Uffizi (Firenze). La Sacra Famiglia, prese come secondo nome Tondo Doni, perché l'opera fu commissionata da Angelo Doni. Si pensa che la cornice dell'opera sia originale, probabilmente fatta da Michelangelo stesso.
Questa pittura su tavola è realizzata con la tecnica quattrocentesca della tempera. Il gruppo centrale è formato da San Giuseppe che passa Gesù bambino a Maria; dietro a loro si trova un muretto vicino al quale vi è San Giovanni Battista bambino. Sullo sfondo vi sono degli "ignudi", che si presume possano essere angeli apteri, cioè senza ali.
Interpretazione simbolica [modifica]
Gli ignudi rappresentano l'umanità dell'epoca pagana precedente l'instaurazione della legge divina (ante legem), la Madonna e San Giuseppe personificano l'umanità dell'epoca ebraica (sub lege), mentre Gesù bambino simboleggia l'umanità protetta dalla Grazia divina (sub gratia). S. Giovanni bambino sarebbe l'elemento di transizione e unione delle tre età.
La Madonna ha un libro appoggiato sulle ginocchia, e in quanto personificazione della Chiesa simboleggia l'attività teologica e divulgativa dei contenuti dottrinari, è l'erede privilegiata per diffondere la parola di Dio all'umanità. Anche la volumetria nella rappresentazione della Madonna è molto studiata e accentuata, per la passione per lo studio della figura umana che Michelangelo nutriva, ma anche perché il vigore fisico si identifica con la forza morale.
Considerazioni stilistiche [modifica]
Il punto di vista che Michelangelo sceglie per rappresentare gli ignudi è frontale, diversamente da quello che adotta per il gruppo centrale, visto dal basso. Questa scelta figurativa è legata alla volontà, da parte dell'autore, di conferire monumentalità alla Sacra Famiglia, ma anche di differenziare le zone figurative contrapposte per significato. Anche braccia e teste creano forme e triangoli immaginari che attirano l'attenzione sul gruppo. Vi sono inoltre consonanze figurative tra il gruppo e gli ignudi: la più evidente è la ripetizione speculare di spalle e braccia.
Il muretto rappresentato dietro al gruppo ha molteplici funzioni: ferma l'effetto percettivo di rotazione creato dalla postura dei personaggi principali, separa la Sacra Famiglia dagli ignudi, esplicita il divario tra le prospettive e i significati.
L'articolazione dello spazio e dei volumi, la tensione e il movimento sono forti elementi anticlassici.
LA FAMIGLIA
“Sogni e aspettative sui nostri figli” (gruppo “In cammino” - 7 febbraio 2010)
“I figli devono ricevere due cose dai genitori:ali e radici” (Goethe).
Questo pensiero racchiude in buona sostanza quelle che sono le aspettative sui nostri figli: vorremmo per Paola e Luca ali grandi e sicure per affrontare la vita e al contempo radici ben piantate a terra per sentirsi sicuri del nostro affetto e della loro appartenenza ad una rete familiare forte e unita.
Quando si genera un figlio,anche se la scelta è stata responsabile e seriamente pensata, ci si deve confrontare con un figlio che certamente non è quello che si è scelto.. Si sceglie genericamente di avere un figlio ma nasce quel figlio preciso che esige di essere riconosciuto nella sua identità. Nei primissimi anni di vita del bambino ci si illude che egli sia un nostro prolungamento, che senta come noi, che abbia gli stessi nostri desideri: in buona sostanza si è quasi convinti che ciò che è bene per noi lo sia anche per lui. I primi ostacoli, per quanto ci riguarda, sono iniziati quando Paola da appendice di mamma e papà si è pian piano trasformata in una pensioncina autonoma con propri pensieri, gusti, sentimenti … ad un certo punto ci siamo trovati spiazzati: come era possibile che la “nostra” bambina potesse in certi momenti essere così diversa da noi? Dov’era finita la bambolina che potevamo vestire a nostro piacimento, scorrazzare di qua e di là senza che si ribellasse perché le bastava essere con noi? Poco alla volta ci siamo resi conto che nostra figlia doveva essere accettata nella sua singolare personalità, che il nostro progetto di figlio ideale era solo un sogno di perfezione cui avevamo cercato di adeguare il figlio reale.
Ogni genitore porta nello zaino dei sogni che, per cause diverse, non è riuscito a realizzare … ecco allora che il figlio sembra essere un’altra opportunità che la vita ci offre per affermarci e per portare a compimento progetti tanto sognati. Questo è spesso l’errore che Cristina fa con Paola; forse inconsciamente le impone attività e interessi in base ai propri gusti senza tener conto delle reali aspirazioni della bambina. E’ difficile accettare l’”originalità” dei propri figli: più facile desiderare che i figli siano come noi, costa fatica rinunciare a prolungarsi in loro, più facile cercare di farne una copia di noi stessi.
Quotidianamente noi ci sforziamo di promuovere e incoraggiare l’originalità di Luca e Paola senza sottoporli a continui confronti e paragoni con altri … cerchiamo di farli sentire amati per come sono e non per ciò che fanno. Ci piace molto una frase di Gibran : “voi siete l’arco che lancia i figli, le vostre frecce vive, verso il domani”.
Il nostro più intimo desiderio è quello di crescere due belle persone: felici di se stessi, contenti del loro operato,che amino la scuola per il sapere che da essa si può trarre, che assorbano i valori familiari, che siano rispettosi e capaci di dialogo, che accettino le diversità (di sesso, razza, religione, etc), che sappiano cadere senza farsi troppo male e che abbiano la forza di rialzarsi e di ricominciare.
Vorremmo due figli che non temano di affrontare la vita, che abbiano il coraggio e soprattutto la voglia di conoscere il mondo anche se questo potrebbe significare allontanarsi da noi, dal loro paese e dai loro amici. Auguriamo ad entrambi di coltivare un grande sogno, d’inseguirlo e di realizzarlo senza rimanere ingabbiati in schemi imposti da altri … ci auspichiamo che possano e riescano a sentirsi liberi e non legati a stupide convenzioni che impongono modelli comportamentali predefiniti (es: è la figlia femmina che deve correre in soccorso dei genitori). Soprattutto per Paola vogliamo che senta di avere pari dignità e opportunità di Luca (pur nel rispetto della loro biodiversità) e Cristina in particolare le augura di librarsi felice nel cielo della vita senza timori, sensi di colpa o senso d’inadeguatezza … mai, ci siamo ripromessi, sentiranno uscire dalla nostra bocca la peggior frase che a nostro avviso un genitore possa mai pronunciare : “con tutto quello che abbiamo fatto per te”. Non abbiamo generato figli per avere il c.d. “bastone della vecchiaia” … siamo convinti che spingendoli a volare alto, a realizzarsi come persone autonome, al momento opportuno sapranno far ritorno al “nido” offrendo il loro aiuto e il loro sostegno.
L’insegnamento che vorremmo trasmettere loro è che l’amore non teme confini, che si può essere vicini anche se fisicamente lontani e che fare scelte autonome non significa amare di meno che ci circonda … di tutto questo vorremmo riempire il loro zaino personale e, infine, vorremmo affidarli a Qualcuno che li proteggerà e li guiderà sicuramente meglio di noi : Dio.
Cristina
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